lunedì 6 agosto 2012

ITALAIR COMMEMORA I PROPRI CADUTI

06 agosto 2012

 La Task Force Italair, unità di volo interforze operante nel sud del Libano nell’ambito della missione Unifil, ha ricordato con una austera commemorazione nei pressi della municipalità di Al Tiri  i colleghi elicotteristi scomparsi  15 anni orsono durante una missione aerea.
Nell’incidente  persero la vita il capitano Antonio Sgro, il capitano Giuseppe Parisi  ed il maresciallo Massimo Gatti,  tutti componenti dell’equipaggio di volo della Task Force Italair.

Alla commemorazione, avvenuta in presenza del Generale di Divisione Paolo Serra, Head Of Mission e Force Commander  di  Unifil,  erano presenti  numerose  autorità civili e militari libanesi, rappresentanze dei contingenti stranieri i che partecipano alla missione ONU in Libano ed i colleghi elicotteristi della task force Italair il cui comando è attualmente fornito dal 2° Reggimento aves “Sirio” di Lamezia terme.

La Task Force Italair è costituita da uno squadrone di elicotteri dell’Esercito Italiano che opera in seno ad UNIFIL sin dal 3 luglio 1979 e rappresenta la più antica missione delle Forze Armate Italiane dal secondo dopoguerra.

L’unità di volo, che assicura la capacità aerea di UNIFIL 24 ore al giorno, è costituita da personale dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica.
La missione Unifil, dal 28 gennaio 2012 sotto il comando del Generale Paolo Serra, si compone di circa 12.000 “peacekeeper” provenienti da 38 Paesi, 1.100 dei quali costituiscono, insieme a quattro elicotteri AB 212, il contributo italiano.






Una nuova strada ad Al Jibbayn


04.08.2012
 I caschi blu della Joint Task Force Lebanon, hanno inaugurato, presso la municipalità di Al Jibbayn, l’apertura di un nuovo tratto di strada che consentirà di migliorare la viabilità dell’area e permetterà di deviare il traffico pesante all’esterno del nucleo abitato.

Durante l’inaugurazione del progetto, il sindaco di Al Jibbayn , Mr. Talal Youssef, ha ringraziato i caschi blu italiani per l’ennesima cooperazione avviata e conclusa nell’area della sua municipalità, una tra le più depresse del sud del Libano, e per la solidarietà dimostrata sin dal 2006 dagli Italiani.

Tra i progetti di cooperazione civile e militare, realizzati dai militari italiani nella municipalità di Al Jibbayn dall’avvio della missione Unifil 2, i più apprezzati sono stati il miglioramento della viabilità e della sicurezza del centro villaggio, l’avvio di progetti ecologici con la donazione di un veicolo per la raccolta e la trattazione dei rifiuti solidi e le continue attività di supporto sanitario realizzate a domicilio dal personale medico del contingente.

Tutti gli intervenuti  hanno manifestato la loro soddisfazione per l’opera appena inaugurata e per gli ottimi rapporti che ormai da anni intercorrono tra la popolazione locale e i caschi blu italiani.
Il progetto, realizzato con fondi italiani, implementa le attività di cooperazione civile e militare rivolte al conseguimento degli obiettivi fissati dalla Risoluzione 1701 per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione nel sud del Libano e la stabilizzazione del Paese.





IL CAPO DELLA DIFESA ITALIANA DAI CASCHI BLU DELL'ONU IN LIBANO

05.08.2012

5 Agosto Domenica,
Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Biagio Abrate, si è recato in Libano in visita ai militari italiani impegnati nella missione UNIFIL.
Giunto nella base di Shama, il Generale Abrate è stato ricevuto dal Comandante di UNIFIL, Generale Paolo Serra, e dal Comandante del contingente italiano nel settore ovest del Libano, su base Brigata corazzata Ariete, Generale Gaetano Zauner.
Successivamente ha incontrato i militari italiani presso le basi avanzate, dove è stato aggiornato sugli sviluppi delle attività di sminamento e controllo del territorio condotte dai nostri militari sulla blue line.



mercoledì 1 agosto 2012

Libano, tutta la fatica delle sminatrici italiane


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GRAZIA DA RESTAURATRICE E POLSO DACHIRURGO- La caporalmaggiore Roberta Micoli, come il sergente Cosimo Piccinato che l’assiste e ogni 40 minuti le dà il cambio (perché ognuna delle due sia sempre lucida e pronto di riflessi), deve scavare con una grazia da restauratrice di affreschi e un polso stabile da chirurgo. Le mine che cercano loro due e i loro compagni d’arme furono messe sottoterra da Israele negli anni ’70, quando gli attentati di terroristi palestinesi, le incursioni di fedayn dal Libano e le robuste risposte militari israeliane erano abituali e frequenti. Poi vicino alle mine si aggiunsero nuove reti, cavalli di frisia, e per motivi diversi quelle bombe anti-uomo, pronte a esplodere con soltanto otto chili di pressione, si sono in più casi spostate.LE MINE BISOGNA CERCARLE - Israele ha fornito alla forza multinazionale dell’Onu Unifil2, nella quale rientrano 1.100 italiani su 12 mila effettivi di 39 Paesi, la mappa del campo minato di Marwain. Tuttavia, la pioggia e la crescita di radici nella sterpaglia hanno modificato la posizione di numerose delle trappole esplosive nascoste. E allora occorre cercarle, prima passando un metal detector su un corridoio largo un metro tra pietre e cespugli, poi scavando a 20 centimetri di profondità, poi ripassando il metal detector per verificare se non ci sono mine nei 20 centimetri ancora più in basso. Incuranti, anziane donne libanesi sconfinano dai percorsi bonificati per fare legna e caricarla sui propri muli, alcuni dei quali, in passato, si racconta siano saltati per aria.
NON MANCANO I SERPENTI - « Un lavoro faticoso, ma dà soddisfazione», dice Roberta Micoli mentre in ginocchio taglia una radice. «Il caldo pesa parecchio, la tuta anche», spiega, e si riferisce alla protezione che ha indosso. Una decina di chili di peso, un assemblaggio di placche simili a lapidi rivestite di stoffa. Un completino antischegge non proprio ideale per la temperatura quando il caldo raggiunge, come in questi giorni, i 40 gradi. Pensare alla morte è inevitabile percorrendo il sentiero bonificato, tra postazioni riservate alla squadra medica pronta a intervenire in caso di esplosione accidentale, mine affioranti fuori dai bordi e cavalli di frisia. Ma i pericoli non si nascondono soltanto negli esplosivi nascosti. Tra i rami da tagliare, a farsi vivi talvolta sono la “vipera palestinese”, la “macro-vipera lepetina turanica” e il “cobra del Sinai”. Anche lo scorpione con punture “raramente pericolose per la vita”, rassicura un cartello del contingente italiano, e, da non trascurare, minacciose nuvole di api.LA BLUE LINE - Tutta questa bonifica serve a rendere possibile l'impiantamento di piloni blu della Blue line, traiettoria riemersa dopo la guerra del 2006 tra Israele e Libano. Le sue origini risalgono a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 1978. Soltanto che una linea tracciata a penna su una mappa in scala diventa, nella realtà, una striscia larga decine di metri. E per concordare in quali punti l’Onu deve far piazzare i piloni blu, Israele e Libano devono ricorrere all’intermediazione di Unifil. Senza contare il rischio che le mappe del Medio Oriente, di questi tempi, cambino ancora.

Maurizio Caprara
31 luglio 2012 | 22:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA